Perché l'etica in azienda? Perché è una scelta inevitabile.
Nessun imprenditore, nessuna azienda che ricerchi il profitto è immune da comportamenti che, per quanto legali, favoriscono il tornaconto individuale o di una minoranza, e in questo modo vanno forzatamente a discapito del pubblico in generale. Ma non per questo i comportamenti debbono collidere con l'etica: un fatto evidente è che sta crescendo l'attenzione generale verso la necessità di tutelare non solo gli azionisti, ma tutti gli stakeholders.

Sono interessati all'andamento dell'impresa, ed in genere ai suoi comportamenti, i clienti, i dipendenti, i fornitori, gli abitanti del territorio, l'ambiente stesso. Perciò non si tratta solo di mettere in discussione le modalità con le quali si rincorre il profitto: dobbiamo confrontarci sul senso della misura -la misura del margine operativo, l'orientamento al reinvestimento- e sulla legittimità dei diritti altrui, anche il diritto di condividere - e in modo non solo simbolico - i benefici dell'iniziativa privata. Dal momento che il perseguimento del profitto da parte degli imprenditori non può certo essere messo in discussione, le loro strategie e le attuazioni tecniche devono essere filtrate e monitorate, con obiettività e competenza, anche in chiave etica, a causa della sollecitazione sempre più pressante dell'opinione pubblica mondiale. Questa emergente necessità già compresa e condivisa dagli imprenditori più attenti, si colloca nella dimensione dell'Ethic Business.

Sapere cosa fare prima di agire
Il manager avveduto ed eticamente responsabile sa ad esempio distinguere fra il semplicismo, con cui si ha sempre la tentazione di liquidare i problemi difficili, dalla capacità d'elaborare strategie, metodi e strumenti adeguati ad affrontare la complessità del Knowledge Management senza tradursi in inutili complicazioni, ma tali da attivare una 'organizzazione che apprende'. In termini operativi vuol dire che si può e si deve cercare oggettività nella messa a punto di strumenti di rilevazione dei dati necessari per l'ottimale governo dell'impresa (Balance Scorecard, misurazione del capitale intellettuale, metriche per la valutazione delle prestazioni a partire da quella di chi opera nella funzione del Personale).

Meglio fare un buon check up etico
Si può e si deve articolare una visione e una missione d'impresa che eviti le pomposità, le dichiarazioni roboanti, le vacue iperboli. Insomma, ci si deve dotare di strumenti per l'assunzione di responsabilità verso stakeholder e shareholder: sistemi di Corporate Governance, standard internazionali, non cadendo nell'errore di pensare che sia sufficiente un Codice Etico commissionato frettolosamente a qualche consulente, o un Bilancio Sociale, per rendere "etica" la propria impresa. Una fotografia della situazione: la "cultura dominante", clima e condivisione, atteggiamenti discriminatori, propensione alla conflittualità interna ed esterna, presupposti e criteri di valutazione per le decisioni strategiche, accanimento manageriale, capacità di compromesso nelle scelte e nelle priorità accettazione di soluzioni sub-ottimali è l'indispensabile, proficuo presupposto per un impegno etico consapevole e responsabile da parte dell'azienda.

La metafora del viandante
Cosa insegna il viandante al manager?
Insegna che alle verità assolute è meglio preferire le probabilità plausibili. Un buon management deve cercare di ottenere condivisione ed allineamento non attorno alle verità assolute (quali?), ma a visioni plausibili. Dovrà cercare consenso, non deferenza (subdola), non sudditanza (psicologica e sostanziale), non piaggeria (servile). Così come coltiverà lo spirito di squadra ma non il senso di appartenenza a un apparato, a una mafia, ad una cordata di potere. Il manager, specie chi ha da gestire il capitale umano ed intellettuale, diviene così "un soggetto etico" che compie quell'operazione fondamentale chiamata sensemaking ,"il dare senso". Per fare questo occorre sviluppare capacità diverse, in gran parte nuove. Da un lato serve una capacità negativa, cioè la capacità di mantenere il dubbio, la perplessità l'attitudine alla revisione critica, anche di fronte al successo. Dall'altro lato serve la capacità di mantenere la fiducia in certi assunti di base, la convinzione in determinati progetti, anche in presenza di smentite, di anomalie, anche se la situazione è turbolenta, incerta, complessa, caotica.

L'etica è un plus decisivo
A chi investe in etica si può promettere un plus decisivo nella comunicazione e nelle argomentazioni di vendita: l'impegno etico è una garanzia di serietà per il cliente e opportunità di restyling dell'immagine istituzionale, delle strategie di comunicazione, di PR e promozionali, a fronte di un investimento veramente modesto. E' anche uno strumento di contatto diretto fra l'azienda e il pubblico su un terreno neutrale, una comunicazione "bianca" da distribuire al grande pubblico. Ed è un'occasione di comunicazione istituzionale: le iniziative con fini etici saranno riprese dai mass media. Può essere infine una opportunità per fare del co-marketing: si lega il proprio nome a quello di altre imprese mosse dallo stesso orientamento, organizzazioni impegnate nel sociale, opinion leader. Un benefit che paga secondo una curva esponenziale. L'impresa etica vive più a lungo, quindi produce più profitto, raccoglie maggior consenso, causa meno conflittualità , genera più soddisfazione da parte degli stakeholder e ha l'ambiente e il territorio amici.